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di Alessandra Todesco

Articolo sull’esperienza del Progetto Leonardo da Vinci Sfeusfol. 

 

Bruxelles, gennaio-marzo 2014 In queste righe c’è il racconto di un viaggio. Il viaggio di un turista, il viaggio di un emigrante, il viaggio di uno scopritore curioso di terre sconosciute, il viaggio di un corpo libero, che guarda con occhi nuovi quello che vede, il viaggio di una mente che chiede, in ogni luogo nuovo che ha davanti a sé. Il viaggio di un’anima in cerca di perché.
 
Un viaggio che è iniziato un anno fa, in un paese minuto ai piedi delle colline romagnole, dove arrivavo inaspettatamente a raccontare la mia vita, il mio desiderio di partire per l’Europa, la sete di imparare, il bisogno di riportare a casa una parte nuova di me, di donare la mia esperienza alla terra che abito, e che amo, nonostante tutto.
Un viaggio diventato nel tempo, nei soggiorni residenziali in una casa che ho sentito presto famiglia, un incontro di persone sorprendentemente simili a me con cui percorrere questo cammino, nei giorni passati insieme a condividere le nostre vite, a coinvolgerci nelle nostre esperienze, nei nostri passati, e nei sogni per i nostri futuri.
Un viaggio destinato ad un frammento d’Europa poetico e affascinante nella sua storia, nei suoi paesaggi nostalgici e misteriosi, pieni di una ricchezza “fiamminga”, che tanta arte ha immortalato.
Un viaggio vissuto tra il Belgio, le Fiandre, l’Olanda, l’alta Francia, e il profumo di immenso del mare del Nord. Dalla vita bruxellese che ho abitato per due mesi, ai canali silenziosi di Amsterdam la domenica mattina, dall’incanto di Bruges al tramonto alla meraviglia dello stile gotico di Gent, alla storia e alla vitalità di Oostende, fino a Lille, con le sue chiese imponenti e sprofondate in un silenzio secolare, e scorci di viuzze popolari, che scompaiono dalle piazze della città.
In questo viaggio c’ero io. Accanto a me, due compagni di viaggio incontrati alla partenza, e donati dalla vita a riempirmi l’anima di sentimenti bellissimi e irrinunciabili, che parlano fiducia e accoglimento dell’altro, in ogni momento.
Di questo viaggio ricordo delle immagini. Degli attimi, delle fotografie di emozioni, di sguardi assorti nella metro la sera, di parole appassionate in un francese scarno, di bimbi festosi a cui sorrido dicendo “Je suis desolé, ma je ne parle pas bien le français!”, di piazze illuminate e brulicanti di vita, delle baguette della colazione, delle cene condivise tra le risate, dei mercati popolari, dei palazzi barocchi di Bruxelles, delle istituzioni europee, con il loro fascino contemporaneo. Ricordo il sentimento di pienezza vivissima e di passione pulsante per l’arte assaporato nei musei e nei teatri, e la poesia dell’incontro con popoli di culture meticce che condividono uno spazio, una tradizione, un linguaggio.
Ricordo delle voci, e delle parole. Le voci talvolta tese e talvolta divertenti dei colleghi a lavoro, le parole del linguaggio “europeo” nelle conferenze in Parlamento e in Commissione, e quelle più leggere che diventano leit motive di un’esperienza condivisa, e che alla fine ci appartengono, appartengono ad un luogo, ad una casa, a delle persone, come un allegro “Buongiorno” o un irresistibile “Ma che gente!”.
Ricordo delle musiche. Le musiche dei concerti di piano, le colonne sonore dei vernissage di pittura o fotografia, le fisarmoniche e i violini degli artisti di strada, le canzoni ballabili anni ’90 su cui fare il karaoke la sera. E poche canzoni a dare senso a un momento della vita che riporta a casa un’anima nuova di me.
Dentro poche canzoni mi porto anche del dolore. Della sofferenza che a volte si incontra nella vita, che forse è il motivo per cui si parte. Per lasciarsi alle spalle qualcosa. Per tentare di dare un senso, anche quanto il senso sembra svanire. Per capire che gli incontri che fai possono regalarti un sorriso anche mentre piangi, e che nulla accade per caso. Per dare valore a ogni istante. Per lasciarsi attraversare dai momenti, dalla gioia come dalla disperazione, perché essi costruiscono ciò che siamo.
Al termine di questo viaggio fuori e dentro di me abito una terra nuova, che è quella della mia esistenza di donna di trent'anni, che matura ogni giorno consapevolezze di sé e può costruire un Io, un Io più vero, nutrito da esperienze preziose e necessarie come quella appena conclusa, che sono un progetto professionale, ma prima di tutto un approccio alla vita, al suo essere incontro in presenza, e scoperta gioiosa di umanità.
Di questo viaggio meraviglioso mi porto il desiderio di vivere ogni giorno nella curiosità e nel bisogno di conoscere terreni inesplorati del mondo e dell’interiorità. Per riuscire a guardare sempre con occhi luminosi e non miopi ciò che ci accade, e ciò che siamo. 
Da dove davvero veniamo.
E dove vogliamo andare. 

 

 

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